Il progresso dello stato di salute delle popolazioni è dovuto più allo sviluppo socio-economico-culturale e al miglioramento degli stili di vita che alle scoperte scientifiche (da un report dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità). Noi siamo più resistenti e fisicamente meno aggredibili rispetto ai nostri antenati non a causa di quello che facciamo quando siamo malati, ma perché ci ammaliamo meno spesso, e questo non è dovuto ad uno specifico trattamento o terapia, ma semplicemente perché noi viviamo in un contesto più sano.
Tuttavia la medicina attuale sembra concentrare i propri sforzi sugli aspetti della diagnosi e della patogenesi delle malattie, trascurando che l’azione sui cambiamenti culturali dell’ambiente sono la sua maggiore risorsa.
Già nel XIX secolo Rudolph Virkow, un grande della medicina moderna, scrisse:” Le epidemie sono causate da disordini della cultura umana”. Si sente il bisogno di far rivivere l’antropologia della medicina, dal momento che” essa ha da fare con la natura ed il destino degli esseri umani, e non con macchine ed animali”, come più recentemente riportato da Dietrich von Engelhardt, LUIMO Forum 2000). Necessità di conoscenza scientifica ed umanistica perché la salute e la malattia sono strettamente correlate alla natura fisica, sociale, psicologica ed etica degli esseri umani.
È un ritorno alle origini, quando la medicina greca definiva salute e malattia in senso cosmologico ed antropologico: essa cercava non solo di curare la malattia, ma anche di mantenere la salute, ed il concetto di salute e malattia aveva profonde implicazioni filosofiche, e per quanto Ippocrate sia considerato colui che ha separato la medicina dalla filosofia, il modello di salute che si riconosce nel Corpus Hippocraticum.
è quello sviluppato dai filosofi presocratici, che erano anche i medici di quel tempo. Nell’alleanza terapeutica ippocratica, il malato è colui che aiuta il medico a combattere la malattia ed il medico è colui che è al servizio del malato. Con la Semeiotica (σημεῖον, segno, τέχνη, “arte”) l’uomo comincia ad indagare il suo corpo, a ricercare i segni del funzionamento degli organi ed apparati nella normalità e soprattutto nella patologia. È il primo concreto atto della medicina come scienza, che trova nella scuola di Kos (isola greca dove Ippocrate operò) la sua consacrazione: c’è il passaggio all’osservazione diretta del malato. Il medico è uomo, e la sua opera non ha sfumature soprannaturali, mistiche, astratte.
Nella “Natura dell’uomo” Ippocrate teorizza la celebre dottrina dei quattro umori (sangue, bile, bile nera e flegma), posti in relazione con gli elementi (acqua, fuoco, terra, aria), i temperamenti, le qualità, le stagioni e l’età della vita, nonché i principali momenti del giorno.
E l’interesse per l’uomo è così profondo che non si lascia fuorviare dal sentire comune: al riguardo è rimasta famosa la visita a Democrito di Abdera, ritenuto pazzo dai suoi concittadini, perché rideva di tutto, che egli invece ritenne il più saggio degli uomini, perché capace di ridere della loro follia.
La relazione con il paziente diventa in Platone e Aristotele il fattore che caratterizza la tipologia di medico: il medico dello schiavo che impone ed il medico dell’uomo libero che dialoga
“Il medico schiavo…ordina ciò che gli suggerisce l’esperienza, come se avesse esatte cognizioni scientifiche, con la sufficienza di un tiranno…Invece il medico libero, comunicando le sue impressioni al malato e ai suoi familiari, mentre da un lato impara egli stesso qualcosa dal paziente, dall’altro, si fa maestro dell’ammalato, cui nulla prescrive senza averlo prima convinto…rendendolo poi docile per via di persuasione” (Plato, Leges 48)
Entrambi divengono i modelli rispettivamente per un cattivo o un buon legislatore nella città ideale di MAGNESIA
La malattia come perdita dell’armonia, un insuccesso nella relazione tra corpo ed anima,
Ma già Alcmeone medico e filosofo Crotonese del V secolo a.C. aveva interpretato il concetto di salute in analogia con il funzionamento della politica: la salute corrispondeva alla democrazia (più in particolare Alcmeone parla di “isonomia”, uguaglianza di leggi), mentre la malattia alla monarchia. Come nel corpo si ha la salute quando c’è un equilibrio tra gli organi, così nella politica c’è la democrazia quando tutte le parti sono in equilibrio e tutte possono dire la loro. Alcmeone fu il primo a considerare il cervello l’organo più importante nell’uomo: nel cervello risiede infatti la capacità di elaborare le nostre sensazioni ed i nostri pensieri, nonché di organizzare e dotare di significato conoscitivo i dati sensoriali, e per questo viene da alcuni considerato il padre della psicologia.
Anche nel mondo romano rimane stretto il legame tra corpo e mente: “mens sana in corporee sano” è il detto di Giovenale, nel quale mens ha un significato più ampio di quanto non sia il riferimento alle funzioni cognitive. Persiste il concetto di malattia come alterazione di un equilibrio: Galeno, il grande medico del I secolo dopo Cristo, riprende la teoria degli umori di Ippocrate.
Con l’avvento delle religioni monoteiste (cristiana, ebraica ed islamica) la salute è il prodotto di una buona relazione con Dio; si perde l’antico legame greco – romano tra salute, bellezza e morale, che permetteva a Platone di accettare l’eutanasia per gli storpi: tutti hanno diritto alle cure; nascono così i primi luoghi pubblici di cura.
La malattia e la sofferenza che ad essa si accompagna diventa un mezzo attraverso cui si realizza la salvezza dell’anima e l’amore verso Dio. La malattia ed il dolore avevano quattro forme: peccato ereditato, colpa personale, possesso demoniaco, prova divina. La terapia non è tanto nel farmaco ma nella Dietetica che non riguarda esclusivamente il cibo ma è un sistema culturale che comprende il modo con cui l’uomo si relazione con l’ambiente, il cibo ed il bere, il sonno e la veglia, il moto e il riposo; vengono redatte regole, le più famose rimangono quelle raccolte nel Regimen Sanitatis della Scuola Salernitana.
È con il Rinascimento che l’uomo riacquista la sua centralità e la medicina si spoglia della sua componente sacrale: il modello sperimentale, la correlazione anatomo-funzionale, la terapia razionale portano ad un concetto sempre più meccanicistico delle malattie.
È il tempo della correzione dei grandi errori (Harvey, introduce il concetto di circolazione del sangue, la rivoluzione copernicana afferma la teoria eliocentrica. Ma è anche il tempo delle grandi epidemie: peste, vaiolo, sifilide. L’abito del medico in queste circostanze oltre che a proteggere dal contagio, deve tener lontani gli spiriti maligni.
Per Cartesio l’uomo si differenzia dagli animali in quanto è unione di corpo (res extensa) e spirito, pensiero (res cogitans), si distingue dalla res cogitans (spirito, pensiero): La res exstensa funziona con le stesse leggi fisiche delle macchine e come tale deve essere studiata nella sua normalità e patologia; la relazione tra queste due parti viene attuata attraverso la ghiandola pineale situata nel centro del cervello: attraverso questa ghiandola particelle di materia veicolate dai nervi (spiriti) farebbero risentire all’anima i moti del corpo stimolando in essa le sensazioni corrispondenti; l’anima, a sua volta, sempre attraverso la pineale, metterebbe in movimento gli spiriti agendo sul corpo. È la stessa concezione che rimane viva tutt’oggi se si pensi all’azione dei neurotrasmettitori, o a aree del cervello (sistema limbico, ipotalamo, ipofisi) che vengono considerate strutture di collegamento tra fenomeni cognitivi e comportamentali e processi somatici.
Sono tuttavia la filosofia, la teologia e le arti a ricordare che la salute, come la malattia, non sono riconducibili solo a regole fisiche ed oggettive, ma hanno una componente soggettiva, psicologica, sociale e culturale. Questa differente concezione della salute e della malattia è continuata con fasi alternanti con filosofi come Montaigne, Rousseau e Leibniz, che ripropongono il ruolo dei comportamenti individuali e le responsabilità dello sviluppo e dello Stato come causa di malattia, creando i presupposti per la nascita di una medicina sociale ad opera di Bernardino Ramazzini.
Il concepire l’uomo come un insieme di organi e funzioni ha sicuramente favorito per buona parte del secolo scorso le conoscenze scientifiche e lo sviluppo tecnologico, tuttavia ha incrinato l’unicità corpo-mente, e dando scarso peso ai fattori psicologici e sociali nella eziologia, storia naturale e prognosi di una malattia ne ha limitato il risultato terapeutico. L’esasperazione dell’utilizzo della diagnostica laboratoristica e strumentale ha spersonalizzato il paziente, del quale interessa soprattutto un numero, una immagine.
Negli ultimi 70 anni è cambiata drammaticamente l’epidemiologia delle malattie, dapprima nel mondo cosiddetto industrializzato, attualmente in quello cosiddetto globalizzato. Se fino alla prima metà del secolo scorso le malattie infettive erano la principale causa di morbilità e mortalità e la storia clinica, a causa dello scarso ed inefficace bagaglio terapeutico, spesso si esauriva in tempi relativamente brevi, dagli anni 50 in poi sono le malattie degenerative e neoplastiche ad occupare i primi posti nelle indagini epidemiologiche.
Sono eventi morbosi di lunga durata, con il quale il paziente deve imparare a convivere e che ne condizionano in maniera significativa la qualità di vita; la durata della malattia fa sì che il contatto con il mondo della sanità diventi più intenso e, costante e coinvolga più figure professionali : nel mondo anglosassone accanto alla “disease”(concetto medico della malattia, fisico, obiettivo) si affianca la “ilness”(lato soggettivo, personale della malattia).Il successo terapeutico non viene più definito dalla guarigione ,ma dal contribuire a “sentirsi bene” ed in questo contesto l’intervento dello psicologo, non della psicologia tout court, assume una importante complementarietà.
– Lo stress, il tipo di personalità, l’ansia, la rabbia sono fattori di rischio per lo svilupparsi delle malattie croniche degenerative cardio-vascolari; o elemento scatenante eventi acuti ischemici o elettrici (crepacore, tako-tsubo sindrome, morte improvvisa); come essi contribuiscono alla prognosi a distanza (depressione) o condizionino la compleance terapeutica (trapiantati; portatori di ICD), determinino la qualità della vita dei cardiopatici congeniti. Si ha necessità tuttavia di uno psicologo che conosca le caratteristiche cliniche di ciascun gruppo di patologia, essendo differenti i bisogni, le ansie, le aspettative, le angosce di un paziente con un tumore, da quello con una cardiopatia. Non uno psicologo consulente che distribuisca pillole generaliste di buon senso, ma uno specialista, che sia presente ed operante nello stesso spazio in cui opera il medico con il quale condividere le scelte terapeutiche più efficaci, che in alcuni casi può essere il non intervento: uno psicologo che contribuisca alla realizzazione della “medical humanities”.
Alla formulazione di questa nuova cultura della salute non può essere estraneo il fatto che la realtà sta cambiando, nei nostri stili di vita, nella modalità di comunicazione, nella presenza di differenti culture che seguono alla imponente immigrazione. Se le malattie oltre che “ esperienze vissute” sono anche fondamentalmente “costrutti culturali “ ,assai diversi da gruppo umano a gruppo umano, abbiamo necessità di conoscere i caratteri specifici di culture che sono venute ad interferire con il nostro habitat riguardo al modo di concepire la vita, la salute , la malattia, la morte ; come suggerisce Gualtiero Harrison, studioso di politica interculturale della salute , dobbiamo contribuire alla nascita di una antropologia medica, che porti ad una condivisione della cultura della salute ,in cui il nostro tecnicismo venga mitigato da una umanità fatta di storie etniche, tradizione , un differente concetto dello star bene.
La separatezza delle conoscenze e delle attività mediche rispetto alla vita quotidiana hanno alimentato sospetti, diffidenza e discredito sulle pratiche sanitarie ufficiali, che si sono perpetuati lungo i secoli sino ai nostri giorni, basta pensare alla no –vax o al rifiuto della chemioterapia per terapie alternative senza alcun costrutto scientifico. L’approccio facile alle informazioni spesso non filtrate che può essere ottenuto da internet favorisce una medicina fai da te e allenta il rapporto medico-paziente; sempre più i pazienti cercano loro simili, spesso fondando associazioni, per condividere esperienze e cure; è un fatto antico ,come riportato da Erodoto nelle sue storie: ”…essi,i Babilonesi ,portano in un luogo di mercato il malato, giacchè essi non fanno uso di medici…le persone allora vanno dal malato e gli danno consigli circa la sua malattia: se qualcuno ha sofferto di qualcosa di simile a ciò che ha il malato, o se ne ha veduto qualcuno che ne ha sofferto; ed avvicinatisi consigliano e raccomandano a lui quei mezzi che li hanno liberati di una malattia simile, o per mezzo dei quali hanno veduto altri liberarsene.”